Marco Pacuvio - Brunda

Vai ai contenuti

Marco Pacuvio

Personaggi storici
 
Marco Pacuvio nacque attorno al 220 a.C. a Brundisium, in una zona di cultura greca, da una famiglia di origini osche. Tali origini sembrano effettivamente essere confermate dalla forma del nome Pacuvio, anch'essa osca, e da alcuni particolarismi linguistici che si riscontrano nelle opere. Sua madre era, secondo la testimonianza fornita da Plinio il Vecchio, sorella del celebre poeta e drammaturgo Quinto Ennio; probabilmente errata risulta invece la testimonianza di Sofronio Eusebio Girolamo, secondo la quale Pacuvio sarebbe invece stato figlio della figlia di Ennio, e dunque nipote abiatico del poeta. Formatosi grazie alle influenze dello zio e maestro Ennio, da cui ereditò anche gli interessi filosofici e le tendenze razionalistiche, Pacuvio visse e operò come tragediografo e pittore a Roma, dove giunse nel 204 a.C. Qui, secondo la testimonianza di Marco Tullio Cicerone, strinse un solido legame di amicizia con l'aristocratico di ambiente scipionico Gaio Lelio; tale notizia potrebbe però costituire una finzione letteraria elaborata a posteriori dallo stesso Cicerone per arricchire la trattazione pronunciata dallo stesso Lelio nel Laelius de amicitia.
 
La poetica di Pacuvio, altisonante e ricca di riferimenti mitologici, era infatti ben lontana da quella proposta dal cosiddetto circolo degli Scipioni, che tentava, invece, di diffondere un ideale di letteratura aderente alla vita reale e attenta all'individuo.  
Ancora attivo nel 140 a.C., all'età di ottant'anni, Pacuvio compose una tragedia che mise in scena in competizione con il giovane Lucio Accio, che si andava allora affermando e che dopo la morte dello stesso Pacuvio sarebbe divenuto il maggior tragediografo in attività a Roma.  
Poco più tardi, tuttavia, il vecchio Pacuvio, malato, fu costretto a ritirarsi a Tarentum, dove, attorno al 135 a.C., ricevette la visita dello stesso Accio che si apprestava a partire per un viaggio in Asia.
Così come Plauto, Cecilio e Terenzio si erano per primi specializzati nel solo genere della commedia palliata, Pacuvio fu il primo tra gli autori di lingua latina a specializzarsi in quello della tragedia. Dalle dubbie testimonianze dei grammatici tardi Diomede e Pomponio Porfirione, di dubbia validità, si evince che Pacuvio sarebbe anche stato autore di Saturae, affini a quelle di Ennio, che avrebbero però riscosso scarso successo e avrebbero dunque acquisito importanza marginale. Dalla testimonianza di Plinio il Vecchio risulta che abbia esercitato anche il mestiere di pittore: in età alto-imperiale si conservava

ancora la memoria di una sua opera che era stata esposta in Roma nel tempio di Ercole presso il foro boario. Particolarmente esiguo risulta, dunque, il numero delle opere prodotte da Pacuvio se si considera che fu attivo fino all'estrema vecchiaia; dato può essere però spiegato se si suppone che il drammaturgo dedicasse buona parte del suo tempo all'attività pittorica, o curasse particolarmente l'elaborazione formale delle sue opere.  
Scelse generalmente il suo repertorio fra i miti del mondo ellenico, prediligendo quelli a sfondo pastorale o idilliaco. Descrisse sapientemente paesaggi ed eventi naturali, sapendo conferire ai personaggi delle sue tragedie una forza drammatica che affascinava il pubblico romano e che era apprezzata, come abbiamo avuto modo di accennare, dallo stesso Cicerone.
La cura che Pacuvio riservava alle sue opere gli procurò, mentre era ancora in vita, la fama di erudito; l'erudizione, tuttavia, si prestava a degenerare in pedanteria, come dimostrano ad esempio i versi del Chryses in cui la descrizione del cosmo e del sole è interrotta da una parentesi di riflessione filologica sui termini con cui Greci e Romani indicavano il cielo. Ciò non precluse comunque a Pacuvio la possibilità di riscuotere un ampio successo di pubblico presso il popolo romano e presso i suoi contemporanei: l'ampia diffusione e il gradimento delle sue opere testimoniano inoltre la «capacità del pubblico romano di apprezzare un testo teatrale serio».
L'autore satirico Gaio Lucilio, attivo nella seconda metà del II secolo a.C., nell'affermare la sua nuova poetica legata all'esperienza personale, prese le distanze dalla poetica tragica di Ennio, ma soprattutto dei contemporanei Pacuvio e Accio, che tentavano, a suo giudizio, di affascinare il pubblico proponendogli esclusivamente storie di esseri fantastici quali «serpenti alati» o «draghi volanti». Tale critica, dettata dunque da ragioni personali legate al modo di intendere l'attività letteraria stessa, nulla toglie comunque al vasto successo che Pacuvio riscosse tra i suoi contemporanei.  
Cicerone, al contrario, ne ebbe altissima stima:


 
Tratta da wikipedia l’enciclopedia libera
Torna ai contenuti